ZARRA BONHEUR http://www.zarrabonheur.org/performer performance-accademia-attivismo-postporno-politopia-queer-femminismo-militanza-dissidenza Mon, 21 Jan 2019 09:56:43 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.0.3 Relationship Presidium http://www.zarrabonheur.org/performer/relationship-presidium/ Tue, 02 Oct 2018 10:30:29 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=1684

Relationship presidium è un esperimento di Zarra Bonheur che nasce dall’idea di riflettere sull’etica della cura partendo dai corpi.

La performance esplora lo spazio che si crea quando le persone si incontrano negli spazi materiali, i desideri, la qualità delle relazioni momentanee, il valore delle relazioni effimere, la trasmissione e la condivisione dei propri saperi, l’ascolto e la manifestazione del proprio desiderio con attenzione alla cura dell’altra persona che si affida.

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L’ALLEGRIA DEL CORPO INSORGENTE http://www.zarrabonheur.org/performer/lallegria-del-corpo-insorgente/ Tue, 10 May 2016 17:19:44 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=666 Laboratorio di cabaret postporno: come trasformare un campo di battaglia in un campo giochi

La memoria dei nostri corpi è fatta di parole e segni.

Parole che ci hanno segnate, aprendo con gioia o chiudendo con schianto percorsi vitali, avventure, realizzazioni di noi stesse.

Segni che ci sono rimasti addosso a ricordarci sofferenze, mutamenti, il prezzo della nostra libertá.

Di queste memorie vogliamo riappropriarci, con l’arma dell’ironia ne faremo spettacolo, mettendo in scena la paura e il coraggio che ci hanno fatto diventare quello che siamo.

Zarra Bonheur – collettivo transnazionale di ricerca e produzione artistica – propone un’esperienza di creazione condivisa e varietá diy basata nella rilettura del corpo come testo e nella sperimentazione performativa multimediale.

Due giornate di autonarrazione, confronto e invenzione tese alla realizzazione di un cabaret collettivo composto da numeri comici, drammatici e tragicomici che attraverso diversi media (musica, foto, video, danza) raccontino le storie dei nostri corpi e le loro traiettorie di liberazione.

Chiederemo a ogni persona partecipante di raccogliere previamente idee e materiali utili che rielaboreremo insieme per costruire i momenti performativi che comporranno il cabaret.

Lavoreremo sull’empatia come forza trainante per rendere il palcoscenico uno spazio attraversabile, quasi conviviale, potenziando le competenze di ogni persona e fornendone di nuove. Stimoleremo il contatto e la complicitá tra i corpi valorizzando affinitá e divergenze, per rappresentare il piú ampio spettro possibile di riscatto dall’oppressione sui corpi che viviamo come soggetti fuori dalla norma (o scomodi al suo interno).

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Porno Trash http://www.zarrabonheur.org/performer/porno-trash-2/ Fri, 06 May 2016 19:30:03 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=702
Porno Trash è una performance in due tempi centrata sul tema del corpo, della sua oppressione, della sua liberazione, della percezione/costruzione sociale della nudità e del corpo come spazio e laboratorio di pratiche e di relazioni. Nella prima parte, le/i* performer, accompagnat* da un sottofondo musicale, leggono testi di vari* autor* (da Monique Wittig a Michel Foucault, a bloggers, passando per testi scientifici e fanzine) che raccontano il processo di addomesticamento del corpo e del suo controllo politico e sociale. Durante le letture, l’attenzione viene spostata dal ‘corpo’ in generale al ‘corpo delle donne’ , ai valori ad esso attribuiti e alla violenza su di esso esercitata, riassunto dalla frase “Il mio corpo è un campo di battaglia”. In seguito l’attenzione passa sul corpo de* performer e sulla sua riappropriazione attraverso la sessualità, il desiderio, la scelta, riassunto dalla frase “Il mio corpo è un campo giochi”. Nel corso delle letture la/il* performer si toglie i vestiti che mette in un sacchetto nero dell’immondizia posto accanto a lei.

Nella seconda parte l’attenzione viene spostata sul pubblico e su interventi dalla sala, in una sorta di ‘contagio’ dell’euforia della nudità e del corpo libero.

La performance gioca con i simboli dell’infanzia come momento in cui la nudità non ha ancora acquisito il valore sociale e i giochi in qualche modo coinvolgono la sfera della sessualità e delle relazioni. Il messaggio centrale in questa parte è il ruolo del corpo e della nudità nella creazione/rafforzamento delle relazioni e nella trasmissione/diffusione del ‘coraggio’ di trasgredire.

leggi i testi della performance

versione scaricabile (fanzina)

Porno trash è stata a: Porn to be alive, Roma, 26 gennaio 2013 (con Slavina Frangette estreme) Genderotica, Roma, 1 giugno 2013 (con Valentina e Marguerite de la Fourche) Plaza del Sexo, Altereva, Torino, 27-30 giugno 2013 (con Slavina) Lesbiche Fuori Salone, RhaBar, Milano, 29 settembre-6 ottobre (con Slavina e Marguerite de la Fourche) Inqueersection Festival, Utrecht, 13-17 febbraio 2014 (con Illudshone) Muestra Marrana, Barcellona, 20-23 febbraio 2014
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Urban Drag http://www.zarrabonheur.org/performer/urban-drag/ Thu, 05 May 2016 18:32:19 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=714 ]]> Questo porno che non è un porno http://www.zarrabonheur.org/performer/postporno-questo-porno-che-non-e-un-porno/ Thu, 05 May 2016 18:18:28 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=693

 

di Rachele Borghi

Non è più possibile scegliere la non rappresentazione della sessualità perché senza rappresentazione non c’è sessualità. L’unica cosa che possiamo scegliere
è una forma di proliferazione critica di rappresentazioni sessuali.
Beatriz Preciado, 2011b, p. 160.

«Step right up, hi, how are you? Thanks for coming! You are welcome». Con queste parole la celebre star (post)porno Annie Sprinkle accoglieva all’inizio degli anni Novanta coloro che si avvicinavano non alla soglia della sua casa ma a quella della sua cervice. Realizzava così la prima performance postporno dal vivo.

Sebbene sia difficile determinare con esattezza una data di inizio di una produzione postporno propriamente detta, si può affermare che A public cervix announcement segna definitivamente il passaggio dalla produzione di un porno mainstream a quella di un porno connotato politicamente e con obiettivi di impatto/cambiamento sociale [1]. Questa performance, infatti, racchiude in sé molte delle caratteristiche che possono essere attribuite al postporno: caduta definitiva della divisione tra pubblico e privato, uso dell’ironia, rottura del binomio soggetto/oggetto, eliminazione del confine tra cultura alta (quella artistica) e bassa (pornografica) [2], coinvolgimento degli/delle spettatori/spettatrici, condivisione pubblica di pratiche collocate nella sfera del privato, denuncia della medicalizzazione dei corpi, rovesciamento e messa in discussione del rapporto sesso/sessualità, uso di protesi (lo speculum, in questo caso). Il postporno rompe con tutti quei binomi attraverso cui la sessualità viene rappresentata e performata, per enfatizzarne il valore politico e farla uscire dalla sfera del privato in cui è stata relegata.

Si tratta di un fenomeno fluido, che cerca di liberarsi da ogni tipo di etichetta. Sono gli/le stess* protagonist* ad autodefinirsi «postporno»; allo stesso tempo, però, rifiutano l’idea di far parte di un movimento omogeneo accomunato da caratteristiche definibili e dai tratti ben demarcati [3]. La letteratura sull’argomento comprende, nella maggior parte dei casi, blog, siti Internet e materiale di descrizione del fenomeno prodotto dalle stesse performer o da attivist* queer [4]. La produzione della cultura postporno, infatti, si caratterizza per il tentativo di sperimentare la soppressione del confine tra teoria e pratica, grazie anche al «Do it yourself» che, in questo caso, rende possibile la liberazione dal giogo della citazione e della referenzialità. La letteratura scientifica incentrata sul postporno, invece, è ancora rara [5]. Forse anche perché il postporno, sulla scia del femminismo pro-sex, vuole raccontarsi dall’interno, far parlare i protagonisti, partire dalle esperienze, lasciando da parte e talvolta perfino rifiutando il discorso degli «esperti»: «Il corpo, il piacere, la rappresentazione pornografica, il lavoro sessuale [per il femminismo pro sex] sono degli strumenti politici… La parola di quelli che sono direttamente interessati prevale sulla parola degli esperti» (Despentes [e Bourcier], 2011) [6].

Pur facendo riferimento alla queer theory nel suo insieme, le performer citano direttamente alcune autrici e testi diventati veri e propri manifesti di un femminismo dissidente transgenere. È il caso, di Beatriz Preciado, che con Manifesto contra-sessuale pone l’accento su quegli strumenti concettuali ereditati dal femminismo e dalla tradizione filosofica francese adatti alla produzione di strategie efficaci nel contesto politico contemporaneo (Borghi, 2002, p. 12). Inserendosi così nel solco tracciato dal terzo femminismo [7], Preciado apre definitivamente la strada al transfemminismo, un femminismo trasversale al sesso e al genere che legittima l’esistenza di identità fluide caratteristiche della società post-identitaria, in cui «le nostre alleanze più prossime devono essere transgeniche, transessuali, anticoloniali. Queste sono le nostre alleanze, questo è il luogo del femminismo oggi» (Preciado, 2011b, p. 160) [8].

Al Manifesto fa seguito Testo Junkie e l’inedito Terrore anale, insieme a King Kong girl di Virginie Despentes, la trilogia Queer Zones di Marie-Hélène Bourcier, Devenir Perra [9] di Itziar Ziga e Post Porn Modernist di Annie Sprinkle. Le performer riconoscono quindi non solo l’eredità dei capisaldi della queer theory come Judith Butler, Teresa de Lauretis o Donna Haraway, ma la mettono in relazione con le riflessioni contemporanee provenienti dal contesto accademico e da quello della militanza, messi esattamente sullo stesso piano. Se nel femminismo pro-sex la voce degli esperti viene sostituita da quella delle protagoniste stesse, legittimate anch’esse a produrre conoscenza, le performer postporno citano contemporaneamente teoriche e attiviste/protagoniste, rompendo ancora una volta il binomio teoria/pratica e rendendo possibile la polifonia contra-teorica.

Ma in questo contesto «fluido», è possibile rintracciare dei tratti distintivi della produzione postporno? Pur nella loro varietà, le performance, soprattutto quelle live, presentano dei denominatori comuni:

Uso delle protesi. Con riferimento al corpo cyborg di Donna Haraway (1999), le performer usano le protesi per estendere e potenziare la loro sessualità. In questa maniera, richiamano non solo la body art, ma entrano direttamente a fare parte delle culture di resistenza ispirate allo stile di vita «do-it-yourself» (McKay, 1996) e alla scena postpunk che usa la tecnologia e gioca con essa muovendosi agevolmente nel cyberspazio [10]. Oltre a ciò, il riferimento diretto è al sado-masochismo e alle pratiche Bdsm.

Centralità dell’ano. Nel transfemminismo l’ano acquista un ruolo centrale. In Manifesto contra-sessuale Beatriz Preciado sostiene che i lavoratori dell’ano siano i nuovi proletari di una possibile rivoluzione contra-sessuale. L’ano infatti «travalica i limiti anatomici imposti dalla differenza sessuale […]; è un centro produttore di eccitazione e di piacere che non figura nella lista dei punti orgasmici prescritti […]; è una fabbrica in cui il corpo si ricostituisce come contra-sessuale» (Preciado, 2002, p. 35).

Rottura dei binarismi. La critica alla sovrapposizione tra genere/ses- so/sessualità trova qui una delle sue espressioni più forti e concrete. La delocalizzazione del sesso resa possibile dall’uso delle protesi, la rappresentazione di corpi androgini, la rinuncia alla condizione di uomo e donna con il conseguente abbandono dei privilegi che da essa derivano, libera e svincola definitivamente il genere dal sesso, dando legittimità e visibilità alle sessualità dissidenti.

Critica del capitalismo. La volontà di non inserirsi nei canali di diffusione del porno mainstream, nei luoghi ad esso dedicati e nei circuiti ufficiali risponde alla forte componente di critica al capitalismo. VideoArms Idea rielabora questo tema nella live performance Porno-capitalismo: «La sfacciataggine e la follia del capitalismo han determinato l’autorità trasformando i corpi. Corpi di donne, gay, lesbiche, trans, bisessuali, queer, malati, pazzi, diversamente abili, anoressici, grassi, troppo belli o troppo brutti, bambini, perversi, stranieri, sfigati, territori occupati e controllati da una continua mani- polazione che agisce su tutti i livelli della percezione della realtà e dell’esistenza. La comunicazione diventa merce, le relazioni rapporti di diffidenza e vigilanza, il contatto scopo, la vita esperienza annullata. […] La sessualità stessa incarna i codici di questa politica della corporeità morta. A partire dal rifiuto di questa meccanica e mediando tra testa e viscere, rielaboriamo i nostri corpi e le nostre coscienze con un sentimento d’amore folle e con una spregiudicatezza carica di poesia» (Video Arms Idea, 2011).

Corpo come laboratorio di sperimentazione. Il corpo diviene luogo, prodotto, mezzo, manifesto, artificio, strumento di sovversione, di critica, di reazione alla violenza della società normata che «ferisce costantemente il mio corpo» (Diana Pornoterrorista, in Borghi, 2011b).

Lavoro sulle pratiche. La valenza politica della performance ha un suo terreno di prova nei workshop aperti al pubblico. Essi acquistano un valore politico, da una parte, per l’elaborazione delle idee e la loro trasformazione in progetti, dall’altra per la diffusione dei lavori e delle riflessioni. In questo modo il processo di produzione artistica si lega in maniera stretta a quello di trasmissione. Alla decostruzione del genere e della sessualità si affianca la messa in discussione del proprio rapporto con le costruzioni e costrizioni sociali (Slavina, 2011).

La portata dirompente del postporno nel rompere le categorie, nello scardinare la presunta neutralità dello spazio pubblico etero-normato [11], ma soprattutto il suo valore politico e di critica sociale è ciò che fa affermare a molt*: «ecco perché ci piace il postporno» (Femminismo a Sud, 2011). Ma la postpornografia può essere davvero esclusiva? Può riuscire a non incorrere nel rischio di invisibilizzazione e/o silenzio di tutti quei soggetti postcoloniali tagliati troppo spesso fuori anche dai discorsi critici? O al contrario corre il rischio di essere criticata come un fenomeno bianco e occidentale? Prova a rispondere Beatriz Preciado: «Penso che la questione non debba essere se ci siano donne nere che performano all’interno dei gruppi postporno. La questione è, piuttosto, quali sono le pratiche di critica e di resistenza, di produzione del corpo che emergono dai movimenti anticoloniali in sé. Bisogna fare attenzione a non riprodurre le dinamiche di integrazione multiculturale, mettendo qualche persona nera a performare con noi… […] Credo che, sì, nella critica dei modelli di produzione della mascolinità e della femminilità bianca eterosessuale ci sia anche una critica coloniale, per forza, e che questa critica coloniale passerà per l’alleanza strategica tra i movimenti queer europei e i movimenti neri, latinoamericani, i movimenti degli immigrati. […] non riesco a essere negativa rispetto al movimento queer, non vedo assolutamente persone bianche che stanno performando; quello che vedo nelle performances postporno è una critica dell’eterosessualità mainstream» (Beatriz Preciado, in Borghi, 2011a).

Così, inserendosi all’interno del transfemminismo, il postporno tenta di supera la forma d’arte, cercando di andare a toccare e incrinare i dispositivi di dominio.

 

 

1 Per un’introduzione in italiano ai porn studies si veda E. Biasin, G. Maina e F. Zecca, 2010.

2 Sull’uso strumentale dell’etichetta «porno» da parte della critica per declassare un certo tipo di produzione cinematografica si veda il caso del film Baise-moi di Virginie Despentes, analizzato da Marie-Hélène Bourcier, 2011.

3 È quello che si riscontra nelle parole di alcune performer intervistate da Lucía Egaña Rojas nel suo documentario Mi sexualidad es una creacion artistica (2011), incentrato sulla scena postporno spagnola.

4 Rinviamo, tra gli altri, al sito Malapecora, creato dalla scrittrice e attivista Slavina (www.malapecora.noblogs.org). Slavina è stata definita da Diana Pornoterrorista «la nostra rete, il nostro punto di contatto» per il suo lavoro di raccolta di materiale, restituzione degli eventi, rielaborazione e riflessione sui temi e sull’attualità postpornografica (si veda Borghi, 2011c). Il suo sito è diventato un vero e proprio punto di riferimento, in particolare per l’Italia dove, di fatto, la scena postporno è inesistente, ma si avvertono un interesse e un fervore crescente. Si veda anche la rubrica «Postporno» della rivista XXDonne (www.xxdonne.net).

5 Si veda il testo curato dallo studioso e artista Tim Stüttgen Post Porn Politics, 2009 a seguito della conferenza Post/Porn/Politics tenutasi a Berlino nel 2006.

6 Il documentario Mutantes. Féminisme porno punk (2011), da cui è tratta questa citazione, è firmato da V. Despentes. Le interviste sono state realizzate dalla regista insieme con Marie-Hélène Bourcier.

7 Sul terzo femminismo e i suoi rapporti con il lesbo-queer si veda L. Borghi, 2006.

8 Pur restando Manifesto contra-sessuale un testo di riferimento, è in realtà il successivo Testo Junkie ad essere considerato oggi il vero manifesto del transfemminismo.

9 www.devenirperra.blogspot.com.

10 Su controcultura e tecnologia si veda, tra gli altri, Dery, 1997.

11 Rinviamo a Borghi, 2012.

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Riscop(r)iamo la cittá a Palermo http://www.zarrabonheur.org/performer/riscopriamo-la-citta-a-palermo/ Sun, 01 May 2016 07:45:08 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=718 Abbi cura del tuo orto http://www.zarrabonheur.org/performer/abbi-cura-del-tuo-orto/ Sat, 30 Apr 2016 19:55:58 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=708 ]]> Testi Porno trash http://www.zarrabonheur.org/performer/testi-porno-trash/ Sun, 19 Jan 2014 14:55:32 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=385  

« Fin dalla nostra infanzia, ci hanno fatto vergognare del nostro corpo. Tanto per cominciare, ci impediscono di masturbarci, con pretesti (…) assurdi, ci impediscono di mettere i gomiti sul tavolo, ci obbligano a non restare mai nudi. Ci fanno vergognare del nostro corpo perché traduce i nostri desideri, anche quando non osiamo dirlo. Ci hanno detto : sottomettetevi nella vostra carne, portate cravatte, mutande e reggiseni, fate il saluto militare, non sdraiatevi nel prato, non sedetevi nell’ufficio del vostro capo senza essere invitati, restate seduti in classe… […]

LIBERA DISPOSIZIONE DEL NOSTRO CORPO

Tout ! n. 12, 23 aprile 1971, Journal du groupe « Vive la révolution » FAHR

 

Il nostro corpo è in relazione continua con lo spazio, quindi dobbiamo

« riconoscere che gli individui nella società subiscono oppressioni legate alle loro caratteristiche fisiche. Il corpo umano non può essere trascurato quando studiamo la concezione che le persone hanno del pericolo, della distanza, della violenza, dell’ostilità del contesto in cui vivono, della salute e delle pratiche spaziali che mettono in atto »

Francine Barthe-Deloizy, 2003, Géographie de la nudité. Etre nu quelque part. Ed. Bréal.

 

Il nostro corpo « segna la frontiera tra sé e gli altri […] E’ un mezzo per entrare in contatto con lo spazio e per sperimentarlo »

Gill Valentine, 2001, Social Geographies: Space and Society, New York : Prentice Hall, p. 15.

 

Il nostro corpo è un supporto eccezionale d’esercizio della sovranità dello stato : non si governa solo la popolazione ma anche i singoli corpi, corpi produttivi e riproduttivi. Il nostro corpo è la frontiera tra l’intimo e il pubblico, lo spazio personale e individuale in cui vengono integrate o contestate le norme collettive. Il nostro corpo « non solo è nello spazio ma è spazio »

Johnston L. et Longhurst R., 2010, Space, Place, and Sex: Geographies of Sexualities, Lanham MD : Rowman and Littlefield.

 

Il nostro corpo

« è anche direttamente immerso in un campo politico: i rapporti di potere operano su di lui una presa immediata, l’investono, lo marchiano, lo addestrano, lo suppliziano, lo costringono a certi lavori, l’obbligano a delle cerimonie, esigono da lui dei segni ».

Michel Foucault Sorvegliare e punire

 

Il nostro corpo,

« in realtà, è sempre altrove. È legato a tutti gli altrove del mondo. E, a dire il vero, è altrove solo nel mondo. Perché è intorno a esso che le cose si dispongono, è rispetto a esso, e rispetto a esso come rispetto a un sovrano, che ci sono un sopra, un sotto, una destra, una sinistra, un avanti, un dietro, un vicino, un lontano. Il corpo è il punto zero del mondo, là dove i percorsi e gli spazi si incrociano. Il corpo non è da nessuna parte ».

Michel Foucault, “Il corpo, luogo di utopia”

 

Ma il corpo delle donne

« è dappertutto, affisso, filmato, pubblicizzato. Corpo standard, stra-normato. Non ne posso più di queste immagini del corpo, messo in scena, codificato in modo da rispettare scrupolosamente le gerarchie sociali che dividono e mettono in relazione i corpi tra di loro ».

Ton corps est un champ de bataille (fanzina, Lione, 200?)

 

La guerra condotta contro il corpo delle donne

« è una guerra contro il nostro diritto di esistere così come siamo, con le nostre imperfezioni, i e difetti, […] le rughe, i segni, con i tratti con i quali siamo nate e che si trasformano nel corso della vita […] ». La guerra condotta contro il corpo delle donne « è anche una guerra contro il nostro diritto a esistere semplicemente, con tutte le nostre forze, i nostri limiti, le capacità e vulnerabilità, nella nostra completa diversità e nella nostra comune umanità ».

Carla Rice, 1994, Des territoires occupés : nos corps. Transformer la relation à notre corps. http://tahin-party.org/textes/carlarice.pdf “ Out from Under Occupation. Transforming Our Relationships with Our Bodies ” Canadian Woman Studies/Les Cahiers de la Femme, Volume 14, Number 3 (Juillet 1994).
La guerra condotta contro il corpo delle donne

« è anche un conflitto sulla razza e il colore della pelle. Conflitto che si gioca attraverso stereotipi, profondamente radicati, sul valore e la bellezza della bianchezza che impregna la nostra cultura e il nostro linguaggio, e che sono utilizzati per colonizzare le persone non bianche e le società non occidentali ».

Carla Rice, 1994, Des territoires occupés : nos corps. Transformer la relation à notre corps. http://tahin-party.org/textes/carlarice.pdfOut from Under Occupation. Transforming Our Relationships with Our Bodies ”  Canadian Woman Studies/Les Cahiers de la Femme, Volume 14, Number 3 (Juillet 1994).
E in mezzo a tutti questi corpi,

« c’è il mio corpo. Il mio corpo che sono io, che reagisce, che  si immobilizza. Somma di tutte le semantiche che si sono sviluppate attorno alla mia vita, che perde il pelo ma non il vizio, che imbianca ad andare con gli imbiancati, la cui capacità riproduttiva esplode e si annulla di fronte allo stress. Un corpo plasmato dal discorso collettivo, dal movimento, nel senso del poco sport che faccio, dal movimento nel senso di quello dei movimenti che ha fallito e che me lo scrive addosso. Polmoni che hanno respirato CS, ma testa che non è stata ancora mai rotta da un manganello. Figa penetrata da troppe persone che non ci si sarebbero dovute avvicinare, ano lavorato da lingue mani peni dildi, ma soprattutto bocca che ha dovuto ingoiare troppe volte lo schifo prodotto da questa società, il fascismo, la violenza sessista, la molestia indiscreta che si ripropone per strada, a casa, nel centro sociale. […] ».

Retroguardia
« un corpo nudo

non è solamente un corpo nudo

è un prodotto commerciale

un’arma di coscienza di massa

un territorio in guerra permanente

tutto dipende dal contesto in cui si mostra il corpo nudo

che fa il corpo nudo

di chi è il corpo nudo

com’è il corpo nudo

il contesto

il genere

la razza

la classe

l’età

variabili della differenza

variabili dell’oppressione

corpo di donna

corpo di donna nuda

oggetto da modellare

liposuzione

crema

depilazione

intimo delicato

e una borsa di vuitton

corpo di donna nuda

spazio da abitare

abitare, secondo Lefebre, è appropriarsi di qualcosa. Ma appropriarsi non è avere qualcosa in proprietà, ma fare un’opera, modellarla, formarla, metterci il proprio marchio.

corpo di donna

corpi poveri

corpi vecchi

corpi strani

corpi anormali

spazi da abitare,

da far appropriare,

per farne la LORO opera

per modellarla

formarla

metterci il proprio marchio

e se si ribella

e se resiste

e se non collabora con la loro oppressione

è un corpo da insultare

da incatenare

da violentare

stupro

arma di distruzione di massa […]

patriarcato

arma di distruzione di massa

corpo di donna

corpo di povera

corpo di negra

corpo di indigena

corpi strani

territori da occupare

secondo Michel Foucault, un territorio è una nozione giuridico-politica, e si riferisce a quello che è controllato da un certo tipo di potere territorio: ciò che è controllato da un certo tipo di potere corpo: ciò che è controllato da un certo tipo di potere quale potere? […]

Helen La Floresta« Donde yo mando », (traduzione dallo spagnolo di Alice)

 

Il mio corpo

E’ UN CAMPO DI BATTAGLIA

 I suoi limiti disegnano l’ordine morale e il significato del mondo. Pensare il corpo è un modo per pensare il mondo. E allora io il mio mondo, il mio corpo, lo vedo, lo penso, lo creo così…: « Cerco le mie immagini da me. Ludiche. Ho cominciato a dipingere corpi, spesso gli stessi. Androgini. Ritmi, carezze, proiezioni di molteplici desideri, dipingere è un piacere. Una libido in atto. Ma anche il pensiero di lottare contro un’idea di annichilimento che mi logora lentamente : la malattia […]. Il corpo come luogo di sofferenza deve diventare un luogo di godimento. Non mi prenderà di sorpresa. Sono io che costruisco la mia propria abitazione in questo corpo, serenamente godendo ».

Ton corps est un champ de bataille (fanzina, Lione, 200?)

 

« […] La contrasessualità è una creazione artistica e noi siamo le artiste del punto G. La mappa del mio corpo si compone di milioni di dildo, tanti orifizi quanti sono i pori della mia pelle e potrei venire sfregandoti il collo con il naso, mentre mi penetri inaspettatamente un punto considerato impenetrabile. Stolto quello che un giorno mi disse “Si ma con l’incavo del braccio di sicuro non vengo”. Lo abbiamo confutato. Collettivamente, con la pelle, con le mani con la testa ».

http://retroguard1a.noblogs.org/post/2012/12/15/cosa-puo-un-corpo/

 

 

« Gli spazi di libertà che i corpi si prendono sono a volte inaspettati nella loro imprevedibilità di fronte al potere ». http://retroguard1a.noblogs.org/post/2012/12/15/cosa-puo-un-corpo/

 

Per questo

« Ho cominciato a praticare le SM come bottom e continuo a mettere le gambe all’aria ogni tanto. […] Oltre ad essere sadica sono pure feticista del cuoio. Se non ricordo male, secondo Krafft-Ebing è un’altra delle cose che le donne non dovrebbero fare […]. [Quindi] io sono per forza di cose une obsedée sexuelle e le vere lesbiche non sono obsedée sexuelles. Sono le grandi sacerdotesse del femminismo che fanno uscire la rivoluzione delle donne dal cappello. Se ho ben capito, dopo la rivoluzione delle donne, la sessualità delle donne consisterà nel darsi la mano, togliere la camicetta e danzare sorridenti in cerchio. Poi tutte si addormenteranno insieme. Se non si addormenteranno tutte nello stesso tempo, potrebbe succede qualcos’altro – qualche cosa di assimilato agli uomini, d’oggettivante, di pornografico, di bruyant e che manca di dignità. Qualche cosa come un orgasmo »

Pat Califia, La face cachée de la sexualité lesbienne, 1979. In Sexe et utopie (2008), Paris: La Musardine (vers. or. Slut in Utopia: The Future of Radical Sex)

 

Se non godo, se non rido, se non canto, se non scopo, se non tocco, se non gioco, « se non posso ballare, allora non è la mia rivoluzione » Emma Goldman

 

E se non ci sono le mie amiche, « io non sono niente ».

Diana Pornoterrorista

 

Loro sono lì se mi traformo nella

« La bella addormentata nel bosco. Si dice di solito di un’amante che si è dimenticata di avere una clitoride. Cade allora in una specie di sonnolenza di cui nemmeno lei conosce il motivo. Può restare in questo stato per un lasso di tempo indeterminato. Si sa di una bella addormentata nel bosco particolarmente solitaria dal momento che questo stato l’ha presa mentre era in mezzo ad un bosco. Cento anni sono passati prima che una amante non la trovasse nel corso di una passeggiata. Lo stato di sonnolenza volge alla fine per la bella quando [le amanti] le ricorda(no) con delicatezza che ha una clitoride »

Wittig, Monique e Sande Zeig, 1976, Brouillon pour un dictionnaire des amantes. Parigi : Grasset

Voglio

« Peli Si chiamano peli il glorioso vello che ricopre le gambe, le braccia, le ascelle, il pube e parte del corpo. [Alcune amanti] ammirano i disegni che essi formano. Certe ammirano il colore dei peli o la loro lunghezza. Certe ammirano come essi si distribuiscono sul corpo. Per molte amanti sono da invidiare coloro che hanno peli vigorosi e neri. Queste tagliano i propri peli perché ricrescano più forti e spessi ».

Wittig, Monique e Sande Zeig, 1976, Brouillon pour un dictionnaire des amantes. Parigi : Grasset,

Non voglio

« Vestiti Le cantastorie dicono che quando capita di chiedere alle amanti dei popoli delle amanti come piaccia loro vestirsi, queste dicono che non le piace farlo e pare proprio che [sia così] ».

Wittig, Monique e Sande Zeig, 1976, Brouillon pour un dictionnaire des amantes. Parigi : Grasset.

« Cominciamo con un’evidenza : la nudità in sé non significa niente e si riduce, alla fine, ad essere uno stato, quello di un corpo che nessun involucro e nessun segno ricoprono. Ma questa incredibile neutralità si cancella nel momento in cui la si mette in relazione ad un luogo, un contesto […]. Spogliarsi per fare la doccia è considerata una necessità, una banalità, andare all’opera o al ristorante completamente nud è considerato esibizionismo o provocazione. […] Nel primo caso, si tratta di una pratica corporale igienica che si svolge nell’ambito dello spazio domestico, nell’altro di una pratica culturale che implica delle regole di socialità definite per uno spazio pubblico. La nudità si riassume allora a questo binomio individuo/collettivo-privato/pubblico che regola le pratiche sociali ? […] Nel corso della storia e con vari pretesti, la nudità è stata caricata di valori, norme, tabu. E’ diventata scandalosa, eccitante, mordiba o innocente. Costituisce l’elemento di un vocabolario, di un linguaggio che aiuta a capire le società nelle quali si mostra. […] Il luogo serve da criterio di valutazione della nudità : incongruo e shoccante in certe situazioni, ordinario e quotidiano in altre. Questa situazione di nudo ordinario o eccezionale, spettacolare o banale ha per effetto di caratterizzare i luoghi nei quali la nudità ha il suo posto o no. La nudità produce luoghi […]. Quando la nudità fa irruzione nello spazio pubblico […] produce un formidabile impatto visuale e un effetto sovversivo incontestabile. […] La nudità, individuale o collettiva, privata o pubblica, crea luoghi, territori, pratiche, lavora sulle norme, sui codici, sulle storie, sulla morale e le ideologie ».

Francine Barthe-Deloizy, 2003, Géographie de la nudité. Etre nu quelque part. Ed. Bréal.

 

La nudità produce relazioni, il mio corpo produce relazioni…

IL MIO CORPO E’ UN CAMPO GIOCHI

Scarica la fanzina di Porno Trash da stampare e diffondere: PornoTrashIT_zin

 

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King Kong Ladies http://www.zarrabonheur.org/performer/king-kong-ladies-it/ Sun, 19 Jan 2014 14:44:15 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=379 Reading di Slavina e Rachele aka Zarra Bonheur
18 maggio 2012, Queer it party !, Casa Internazionale delle donne, Roma
Rachele legge Il Manifesto degli amori queer (traduzione di Slavina) e Dirty Week End (traduzione di Rachele e Brune Seban)

I testi
Il MANIFESTO DEGLI AMORI QUEER di Coral Herrera Gòmez (traduzione dallo spagnolo di Slavina)
1. L’amore queer é un processo da godere, non una meta a cui arrivare.
2. gli amori queer rinnegano le tradizionali storie d’amore che vendono promesse di eternitá e felicitá, e si propongono di farla finita con l’escusivitá su peni, fiche e cuori di altre persone.
3. gli e le amanti queer rifiutano la tirannia dell’orgasmo e espandono l’erotismo al corpo intero senza rimanere ancorati ai genitali, potenziando la sensibilitá di tutte le parti, scoprendo nuovi percorsi nel sesso, oltre la ginnastica pornografica tradizionale.
4. gli amori queer non condividono gli aneliti di eternitá ne’ il trauma del divorzio, perché si godono le storie finché finiscono, felici di averle sentite e senza la sensazione d’aver perso nulla “per sempre”.
5. all’amante queer fa orrore l’inferno della convivenza forzata, e rinnega l’idealizzazione e la disillusione costante della coppia tradizionale. non desidera seguire il modello monogamico, riproduttivo e eterosessuale che ci impongono le industrie culturali attraverso le loro produzioni. Per questo l’amante queer non soffre la frustrazione che crea l’amore romantico ed é felice di godersi la vita, il sesso e le emozioni con la gente in carne e ossa.
6. l’amore queer appoggia le relazioni basate sulla libertá e la voglia di condividere, sull’autonomia degli e delle innamorate e sulla rottura con la tradizionale divisione di ruoli che distribuiscono i compiti in modo diseguale e oppressivo.
7. tutte le persone hanno diritto di vivere le loro performance d’amore creato tra due o piú persone per vivere un’illusione fittizia attraverso il corpo e il sesso. possono vivere anche amori virtuali, impossibili, platonici, alla etá che vogliono e con chi vogliono, infischiandosene del realismo.
8. gli amori queer appoggiano una societá dove l’erotismo si liberi della repressione emozionale e fisica dei corpi, e dove tutti e tutte possano relazionarsi in libertá e nel modo che preferiscono. per questo ogni amore queer é diverso; ce ne sono tanti quante sono le persone deviate dalla normalitá etero, omofobica e misogina.
9. gli e le amanti queer sono gente delle periferie, peró non escludono nessun@. il movimento queer include uomini, donne, persone intersex, transessuali e travestit@, froci e lesbiche, prostitute, battoni, negr@, latin@, gente di tutte le etá e classi socioeconomiche, di tutti i gusti, di tutte le razze e religioni, senza discriminazioni per etichette.
10. l’amore queer é bisex, trisex, e si estende fino all’infinito. non categorizza l’orientamento sessuale tradizionale (omo, etero, bisessuale) perché non definisce le relazioni come solo “cosa di due” ne’ tantomeno divide l’Umanitá in due generi opposti (donne, uomini), vista la quantitá di gradi di intensitá che hanno le identitá postmoderne e la quantitá di maschere e performance teatrali che siamo capaci di mettere in atto in una stessa giornata.
11. gli amori queer includono anche le persone asessuali, i e le solitarie, i e le promiscue, chi é dipendente dal sesso e chi invece é inappetente, i freaks, gli strani e le strane, le minoranze di qualsiasi tipo, tutti quelli o quelle che hanno la curiositá di ampliare gli orizzonti della loro mente, del loro corpo, del loro sesso.
12. l’amore queer non esclude il sesso dal sentimento, ne’ il sentimento dal sesso. le relazioni queer non dividono la popolazione tra gente con cui si scopa e gente della quale ci si innamora, perché chiunque é scopabile e amabile. Gli amanti e le amanti queer assumono le loro contraddizioni e non distinguono tra corpo e anima, mente ed emozioni ma le vivono come un tutto, accettando e arricchendosi con la complessitá dei sentimenti e del desiderio umano.
13. l’amore queer esplora le relazioni di potere portandole nel gioco sessuale, e liberandole delle categorie binarie di sottomissione-dominazione. le relazioni queer vogliono essere egualitarie perché nessun@ sará superiore quando scompaiano le classificazioni discriminatorie.
14. gli amori queer rifiutano la necessitá come base di una relazione amorosa e denunciano la dipendenza mutua (emozionale ed economica) che sostiene il sistema amoroso patriarcale. é piú bello amare dal desiderio e dalla libertá che dal contratto.
15. l’amore queer crede che nessuna istituzione (ne’ la Chiesa, ne’ i Ministeri, ne’ lo Stato) deve continuare ad avere potere sulla vita intima delle persone, sulle sue relazioni sessuali e amorose, sulla sua vita riproduttiva. chi ama non ha bisogno di benedizioni, ma di libertá per andare e venire, amare e condividere, senza vincoli che convertano l’impegno in una prigione.
16. chi é queer non discrimina nessun@ per la sua altezza o bassezza, per la sua magrezza o obesitá, ne’ per le sue rughe, le sue imperfezioni, le sue deformazioni; l’amore queer si libera della tirannia della bellezza e del fascismo del culto al corpo.
17. l’amore queer denuncia l’ipocrisia del romanticismo borghese intorno alla fedeltá femminile e la promiscuitá maschile, l’adulterio e la prostituzione come via di fuga dalla noia del matrimonio.
18. le relazioni sessuali e affettive devono allontanarsi dall’egoismo intrinseco al sistema capitalista e democratico, basato nel desiderio di possesso di corpi e menti altrui. come persone dobbiamo liberarci della fedeltá come esigenza per vivere una avventura amorosa con qualcun@, e lasciare di considerare gli altri e le altre come oggetti fatti per il nostro godimento.
19. gli amori queer sono dinamici, sono vivi, in continuo movimento. non per questo i loro sentimenti sono meno profondi, ma piú autentici, perché non sono soggetti a tabú, proibizioni, norme rigide. Gli amori queer si allontanano dalla bugia e dal tradimento, dalla colpa e dalla repressione, perché non le necessitano per relazionarsi con persone libere.
20. gli amori queer non necessitano nemmeno delle strutture amorose tradizionali. lavorano alla creazione di nuove strutture piú aperte e flessibili, dove la gente si dedichi piú a godere che a sognare. l’avventura di inventare forme nuove é eccitantemente queer, perché ognuno e ognuna si crea la sua con chi vuole. Gli amori queer si retroalimentano, non muoiono perché non si concentrano, ma si disperdono e si moltiplicano. non si distruggono, ma si rigenerano creando reti, alimentando chimiche, insaziabilmente.

DIRTY WEEKEND, JOURNAL D’UNE BUTCH PAR SES MOTS (traduzione dal francese di Rachele e Brune Seban)

Cercherò di rispondere a questa questione difficile del mio genere, o piuttosto del mio non genere.
Mi definisco NO gender (ma spesso, pure molto spesso butch e a volte transgenere) perché non mi sento di appartenere ad un genere fisso. Certo, questo si avvicina molto all’FtoX o al FtoUnknow ma non mi piace usare per me Female to perché io non transito, non transiterei mai e mi sento appartenere ad un genere fluido da sempre, senza dover andare verso…
Me ne frego che mi femminilizzino ma mi piace anche che mi mascolinizzino, specialmente in intimità, nelle mie relazioni, perché ne ho bisogno, perché amo essere degenere ma anche perché a volte mi sento un perfetto stronzo amoroso. Anche perché mi capita spesso che siano le mie stesse relazioni a farlo. Loro lo sentono e/o lo sanno perché ne parliamo, perché è questo che le attira, questo strano melange femminile-maschile che è presente in me, questo genere ambivalente.
Questo sentimento è nelle viscere, viene da lontano. Non sento il bisogno di cambiare il mio corpo, lui si adatta ai miei desideri, alla mie tendenze, che siano mascoline o a volte più femminili (eh si, a volte mi capita).
Non ho mai letto le teorie sul genere. Non sono una teoria. sono complessa et invischiata in molte sensazioni. E’ un bel casino.
Non sono un uomo ma non sono del tutto una donna. Sono io, un’entità senza una chiara definizione di genere. Sì, mi hanno assegnata tipa dalla nascita ma non mi ha mai dato fastidio, forse perché ho avuto la fortuna di avere un carattere forte e di aver potuto imporre fin da bambina il mio modo di essere. No gonne, né altri accessori femminili ma neppure il meccanico. Turbamento, merda, e ancora turbamento.
Me ne vado in giro con una sorta di corpo stracolmo della sua libertà di pensiero. Non so se tutto è chiaro. Per me lo è perché è cosi profondo. E anche per questo che la mia parola sarà sempre e solo la mia parola.
Non potrei dire o scrivere su questo argomento per altre persone perché l’intimo tocca solo me (anche se questa intimità si può condividere).
Sono e spero di esserlo sempre fiera di avere una vagina, di essere una tipa, una lesbica, anche se a volte rifiuto il mio corpo ma non è nemmeno il fatto di essere una tipa che mi da fastidio. E’ piuttosto legato alla grassezza di questo corpo. Anche questo sarebbe un buon argomento di dibattito perché ce n’è così da dire su queste stronze norme che ci vengono imposte e che a volte perfino tra noi possono essere ben presenti. Mica ne faccio una colpa, anch’io me li infliggo questi minchiosi codici, questi standard.
Non penso mai ponendomi la nozione del genere. Penso come sono, dall’interno, un cervello piatto o in ebollizione ma mai di genere.
Io esisto attraverso questo turbamento ma anche questa forza, questa libertà (è una nozione che io sento molto presente e non credo che sia irrilevante rispetto alla questione del genere). Mi arrogo il diritto di essere quello che decido di essere, quando lo decido. Niente è fisso, niente è perfetto.
Forse come lesbica, butch, ho avuto la fortuna di aver potuto sperimentare tutti i tipi di sessualità con delle tipe, ho anche potuto trovarmi con altre butch in relazioni piuttosto gay, frocie, con delle fem più in una sorta di binarismo (per carità!) ma anche lì il turbamento esiste. Niente mi da più piacere che una fam che mi scopa incollandosi dietro di me. Subordinata e insubordinata. Maschile e donna. O niente di tutto questo.
No gender

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Testi Degen(d)ereted euphoria http://www.zarrabonheur.org/performer/testi-deg-euphoria/ Sun, 19 Jan 2014 11:45:35 +0000 http://www.zarrabonheur.org/performer/?p=362 1. E’ ora di pensare il sesso. Per alcuni, il sesso può sembrare un argomento poco interessante, un diversivo frivolo rispetto ai veri problemi quali sono la povertà, la guerra la malattia, il razzismo, la carestia, o il pericolo nucleare. Ma è precisamente in epoche come questa, dove vige la minaccia costante di un’impensabile distruzione totale, che la gente rischia di dare pericolosamente i numeri sulla sessualità. Gli attacchi sui valori e la morale sessuale ed erotica hanno molto in comune con le dispute religiose dei secoli passati. Acquisiscono un peso simbolico immenso. I dibattiti sulla morale sessuale diventano spesso il modo per mettere in luce l’angoscia sociale e svuotarli dalla loro intensità emotiva. Ecco perché bisognerebbe essere particolarmente attenti alla sessualità nei periodi di forte tensione sociale.

L’ambito della sessualità contiene anch’esso politiche, disuguaglianze e oppressioni proprie. Come in altri aspetti dell’agire umano, le forme istituzionali concrete della sessualità sono, in ogni luogo ed ogni tempo, dei prodotti dell’attività umana. Sono attraversati da conflitti d’interesse e manovre politiche, sia deliberate che casuali. In questo senso, il sesso è sempre politico.

Gayle Rubin (1984). Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality. In (Carole Vance, cura) Pleasure and Danger. Routledge & Kegan, Paul.

 

2. Se per la società l’esercizio della sessualità è ricondotto a rapporti sessuali eterosessuali, allora siamo ben lontano dalla sessualità. Siamo anche lontano dal capire questa famosa idea della differenza sessuale sulla quale si fonda la nostra oppressione. Per noi, sembrerebbero esistere non uno o due sessi ma tanti sessi quanti sono gli individui. […] Per noi la sessualità è un campo di battaglia inevitabile nel momento in cui vogliamo uscire dalla genitalità dell’economia sessuale che l’eterosessualità dominante ci impone. Dal momento in cui la sessualità per noi non ha altro fine che il suo esercizio, bisognerà procedere ad un esercizio di soggettività che includa la ricerca del piacere e che non subirà nessuna riduzione eterosessuale.

Monique Wittig (1980). The Straight Mind. New York: MLA.

 

3. Perché il femminismo pro-sex ??? Perché ti piace fare sesso; perché la tua libido è piuttosto traboccante, le tue fantasie inesauribili, i tuoi rapporti bi-omo-eterosessuali godurie pure; perché hai già pensato a fare marchette; perché ti piace costruire dildo con le amiche, in base alle preferenze di ognuna; perché cerchi attivamente storie e film erotico-porno fatti da e per donne che accompagnino le tue masturbazioni clitoridee quotidiane; perché sarebbe una figata fare foto e/o cortometraggi porno Do It Yourself con le amiche feministe… e anche perché cammin di vita facendo incontri un sacco di streghe spudorate, di amiche ragazze-squillo; perché libri come Tales from the clit, Scambi di genere, Deviant desires, Fiere di essere puttane, Sexe et utopie ecc ti sono capitati tra le mani… Perché più che ogni altra cosa vuoi mandare a fanculo l’ideologia sessualmente corretta, l’educastrazione (o meglio edumutilazione), gli stereotipi sul genere e i discorsi del tipo “una donna è… e dovrebbe essere…”. Allora provi a decostruire nel quotidiano la morale puritana e i rapporti di dominazione nei quali sguazziamo – insomma, a sfracellare la norma etero-patriarcale che ci impedisce di essere ciò che sogniamo di essere.

Pilou Pilou (fanzina)

 

4. In che senso siamo politico-sessuali e queer ? Perché la società e la cultura sono politico-sessuali. Perché nessuno meglio di noi sa che la separazione pubblico/privato non esiste quando si parla di sesso e di genere. Perché pensiamo che le categorie sociali, il sesso, il genere, la ‘razza’ siano determinanti e oppressivi. Perché per quanto riguarda il genere, e in particolare l’opposizione maschile/femminile, sappiamo che è stata costruita storicamente, socialmente e culturalmente in occidente a partire dal sesso biologico.

Q comme Queer (1998). Lille: GayKitschCamp (QuestionDeGenre/GKC).

 

5. […] la realtà ‘donna’ deve sparire, cosi come ‘schiavo’

dopo l’abolizione della schiavitù, cosi come ‘proletario’ dopo l’abolizione delle classi e del lavoro forzato.

[…]. La denominazione ‘donna’ sparirà indubbiamente, allo stesso modo in cui sparirà la denominazione ‘uomo’ con la fine dell’oppressione/sfruttamento delle donne come classe. L’umanità deve trovare un altro nome per se stessa e un’altra grammatica che la farà finita con i generi, l’indice linguistico di opposizione politica.

[…] Il genere come concetto, esattamente come sesso, come uomo, come donna, è uno strumento che serve a costituire il discorso del contratto sociale come eterosessuale. […] Bisogna quindi rendere visibile che è una nozione che non deriva dalla natura, che il sesso è stato artificialmente costruito (e considerato nozione naturale), che è una categoria politica.

Monique Wittig (1980). The Straight Mind. New York: MLA.

 

6. Sono un essere umano che vorrebbe che non gli si desse del Signora, né del Signore. Preferisco usare pronomi di genere neutrali per definirmi. Sono una persona che si trova davanti ad una difficoltà quasi insuperabile quando gli si chiede di sbarrare la M o la F in un documento amministrativo. Non mi disturba essere nat@ con un corpo di donna biologica. E non mi riconosco nemmeno in un sesso intermediario. Semplicemente non corrispondo alle concezioni dominanti occidentali su come ‘dovrebbe essere’ un uomo o una donna. E questo fatto ha enormemente determinato il corso della mia vita. […] Siamo un movimento di donne biologiche mascoline, di uomini biologici femminili, di cross-dressers, di uomini e donne transgenere, di intersessuali nati/e nel grande intervallo anatomico che esiste tra le attribuzioni di ‘maschio’ e ‘femmina’, di genderblenders, di persone con altre varianti di genere e sesso, e di altre definizioni che ci sono care. In breve, aumentiamo la quantità di modi conosciuti di essere esseri umani.

Le nostre vite sono la dimostrazione che il sesso e il genere sono cose molto più complesse di ciò che può intendere con un rapido sguardo un medico in una sala parto, più variegate di una tutina rosa o celeste. Siamo oppress* perché non coincidiamo con queste norme sociali così ristrette. E contrattacchiamo. […] Per me, caratterizzare l’espressione individuale del sé come esclusivamente maschile o femminile sarebbe come chiedere ad un poeta : lei scrive in inglese o in spagolo ? La domanda esclude la possibilità che la poesia sia scritta in cantonese, ladino, swahili o arabo. La domanda prende solo in considerazione il sistema linguistico insegnato al poeta. Ignora le parole che ogni scrittore tira fuori, passo dopo passo dalla fonte comune. La musica che fanno le parole quando si incontrano per la prima volta. Il silenzio che risuona nello spazio compreso tra due idee. Il vento potente della passione e della fiducia che spinge il poeta a scrivere. Ecco perché non sostengo l’idea che il genere sia semplicemente una costruzione sociale – una delle due lingue che impariamo meccanicamente dalla notte dei tempi. Per me, il genere è una poesia che ognun* di noi crea a partire dalla lingua che ci hanno insegnato. Quando passeggio attraverso l’antologia del mondo, vedo individui che esprimono il loro genere in maniere deliziosamente complesse e cangianti, alla faccia della legge del pentametro.

Leslie Feinberg (2003). Nous sommes touTEs en devenir (on line).

 

7. Come spiegare ciò che mi succede? Che cosa fare di questo mio desiderio di trasformazione? […] Non ho altra scelta che quella di rileggermi i classici, di sottomettere le teorie al mio [desiderio]. Accettare che il cambiamento che si muove in me è il mutamento di un’epoca.

Beatriz Preciado (2008). Testo Junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

 

8. [Resto in piedi,] la metà del mio viso si imprime sullo specchio, senza centro né espressione: i miei capelli corti e neri, le lenti che disegnano una sottile aureola intorno all’iris, la pelle irregolare, a tratti bianchissima a tratti screziata di brillantezze rosée. Mi è stato assegnato il genere ‘donna’ ma è impercettibile nell’immagine parziale che lo specchio mi rimanda. Comincio a rasarmi la testa, da davanti all’indietro, dal centro verso la sinistra, poi verso destra […].

Beatriz Preciado (2008). Testo Junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

 

9. Mi definisco NO gender […] perché non mi sento di appartenere ad un genere fisso […] mi sento appartenere ad un genere fluido da sempre, senza dover andare verso…

Me ne frego che mi femminilizzino ma mi piace anche che mi mascolinizzino, specialmente in intimità, nelle mie relazioni, perché ne ho bisogno, perché amo essere degenere ma anche perché a volte mi sento un perfetto stronzo amoroso. Anche perché mi capita spesso che siano le mie stesse relazioni a farlo. Loro lo sentono e/o lo sanno perché ne parliamo, perché è questo che le attira, questo strano melange femminile-maschile che è presente in me, questo genere ambivalente.

Questo sentimento è nelle viscere, viene da lontano. […] Non ho mai letto le teorie sul genere. Non sono una teoria. sono complessa et invischiata in molte sensazioni. E’ un bel casino.

Non sono un uomo ma non sono del tutto una donna. Sono io, un’entità senza una chiara definizione di genere. […] No gonne, né altri accessori femminili ma neppure il meccanico. Turbamento, merda, e ancora turbamento. Me ne vado in giro con una sorta di corpo stracolmo della sua libertà di pensiero […]. Non so se tutto è chiaro. Per me lo è perché è cosi profondo. E anche per questo che la mia parola sarà sempre e solo la mia parola. […] Non penso mai ponendomi la nozione del genere. Penso come sono, dall’interno, un cervello piatto o in ebollizione ma mai di genere. […] Subordinata e insubordinata. Maschile e donna. O niente di tutto questo.

Dirty Week End (2012). Journal d’une butch par ses mots http://dirty-week-end.blogspot.fr

 

10. La mia pelle, la mia carne, il mio sangue, il mio tempio.

Dove pregano le profane, le sfrattate dalla fede, le perverse

e le anormali.

[…] Sono attrice nel vostro dramma e l’ho trasformato in commedia,

volevate che fossi Cappuccetto e cambiai la parte al lupo,

che ne aveva anche lui piene le palle.

Attraverso le frontiere delle vostre proprie nevrosi,

e mi installo giusto lí dove voglio stare,

dove risplendo come un molesto insetto mutante

che non potete ammazzare.

Diana J. Torres (2011). Trasfrontera. In Pornoterrorismo. Txalaparta.

 

11. [Cambio] per tradire ciò che la società ha voluto fare di me, per scrivere, per scopare, per sentire una forma di piacere post-pornogrfico, per aggiungere una protesi molecolare alla mia identità transgenere low-tech fatta di dildo, di testi e di immagini in movimento […].

Beatriz Preciado (2008). Testo Junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

 

12. Sappiamo che il corpo si è messo a significare questo, ma possiamo dargli un altro significato. Il genere può essere pensato come gli effetti di alcune pratiche culturali […]. Ma possiamo appropriarci di questo processo e fare ciò che vogliamo del nostro sesso e del maschile e del femminile.

Q comme Queer (1998). Lille: GayKitschCamp (QuestionDeGenre/GKC).

 

13. Chiamo potentia gaudendi o ‘forza orgasmica’ la potenza (reale o virtuale) di eccitazione (totale) di un corpo. Questa potenza è una capacità indeterminata, non ha genere, non è né maschile né femminile, né umana né animale, né animata né inanimata, non s’orienta principalmente né verso il femminile né verso il maschile, non stabilisce separazioni tra eterosessualità e omosessualità, tra oggetto e soggetto, non conosce nemmeno differenze tra essere eccitati, eccitare o eccitarsi-con. Non privilegia nessun organo: il pene non possiede più forza orgasmica della vagina, dell’occhio o delle dita dei piedi. La forza orgasmica è la somma della potenzialità di eccitazione inerente a ogni molecola viva. La forza orgasmica non cerca una sua risoluzione immediata, aspira a diffondersi nel tempo e nello spazio, verso tutto e verso tutti, in ogni luogo e ogni momento. E’ una forza di trasformazione del mondo in piacere-con. La potentia gaudendi riunisce tutte le forze somatiche e fisiche, sollecita tutte le risorse biochimiche e tutte le strutture dell’anima.

Beatriz Preciado (2008). Testo Junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

 

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