“Degen(d)erated euphoria” è una performance centrata sulla liberazione dalle norme di genere e sul percorso di ricostruzione dei soggetti e dei corpi al di là di modelli prestabiliti.

Nella performance il processo di decostruzione del soggetto passa attraverso i testi. Le parole permettono di entrare in contatto con un pensiero che avvia ad un processo di presa di coscienza del peso delle norme sociali e delle restrizioni nelle quali le persone sono imprigionate. L’oppressione della norma è qui rappresentata dalle bende bianche che avvolgono il corpo.

Man mano che le parole dei testi riempiono l’aria, attraverso le persone che danno loro voce/vita, il corpo si libera dalle bende. Il corpo nudo è un corpo liberato dalle norme, dai tabù, dalle costrizioni e dalle sanzioni sociali. E’ pero ancora un corpo con un’assegnazione di genere e di sesso. Sono i testi che, dopo un momento di silenzio e di riflesso/riflessione del soggetto su di sé, permettono di entrare in contatto e di appropriarsi di un immaginario nuovo. Inizia così un percorso di trasformazione del corpo in cui i testi, le parole, i pensieri e le idee diventano materialmente parte di un corpo androgino e leggero.

L’obiettivo di questa performance è di mettere in evidenza la materialità del pensiero. Le parole infatti permettono di portare avanti delle riflessioni che non solo decostruiscono e ricostruiscono la mente ma che trasformano il corpo, diventano il corpo.

Le parole escono dai testi e liberandosi nell’aria si liberano anche dai/lle propri/e referenti. Si appoggiano sui corpi, diventando, attraverso questi, materia. Il corpo collettivo si appropria delle parole, sviluppa il pensiero e crea l’azione.

I testi hanno provenienze differenti, dal contesto scientifico e filosofico a quello della militanza. In questo modo si rompe un altro binomio: quello che oppone cultura ‘alta’, ‘professionale’, riconosciuta e legittimata e cultura ‘bassa’, che viene delegittimata e invisibilizzata al fine di renderla silenziosa. Le parole escono dai saggi, dai blog, dai manifesti dei collettivi, dalle fanzine per circolare liberamente. Si posano sui corpi e danno vita ad un processo di costruzione e decostruzione che apre possibilità nuove e percorsi euforici che permettono di concepire infinite possibilità ad identità in divenire.

Alla fine della performance, ogni persona che ha assistito può, se lo vuole, ‘appropriarsi’ delle parole, dei pensieri, dei testi e delle riflessioni e farle diventare parte del proprio corpus/corpo individuale e, in questo modo, anche collettivo.

  • Ladyfest, Rennes, 1 giugno 2012
  • Pornoterrorismo, Nantes, 22 luglio 2012
  • Weird festival, Roma, 6 ottobre 2012
  • Muestra Marrana, Barcellona, 1 dicembre 2012 (aka Missmistère)
  • Manifestation pour le mois de mars, Rennes, 29 marzo 2013

Testi (traduzioni da inglese e francese di Rachele Borghi aka Zarra Bonheur, Brune Seban e Olivia Fiorilli)

1. E’ ora di pensare il sesso. Per alcuni, il sesso può sembrare un argomento poco interessante, un diversivo frivolo dai veri problemi quali sono la povertà, la guerra la malattia, il razzismo, la carestia, o il pericolo nucleare. Ma è precisamente in epoche come questa, dove vige la minaccia costante di un’impensabile distruzione totale, che la gente rischia di dare pericolosamente i numeri sulla sessualità. Gli attacchi sui valori e la morale sessuale ed erotica hanno molto in comune con le dispute religiose dei secoli passati. Acquisiscono un peso simbolico immenso. I dibattiti sulla morale sessuale diventano spesso il modo per mettere in luce l’angoscia sociale e svuotarli dalla loro intensità emotiva. Ecco perché bisognerebbe essere particolarmente attenti alla sessualità nei periodi di forte tensione sociale.

L’ambito della sessualità contiene anch’esso politiche, disuguaglianze e oppressioni proprie. Come in altri aspetti dell’agire umano, le forme istituzionali concrete della sessualità sono, in ogni luogo ed ogni tempo, dei prodotti dell’attività umana. Sono attraversati da conflitti d’interesse e manovre politiche, sia deliberate che casuali. In questo senso, il sesso è sempre politico.

Gayle Rubin (1984). Thinking Sex: Notes for a Radical Theory of the Politics of Sexuality. In (Carole Vance, cura) Pleasure and Danger. Routledge & Kegan, Paul.

2. Se per la società l’esercizio della sessualità è ricondotto a rapporti sessuali eterosessuali, allora siamo ben lontano dalla sessualità. Siamo anche lontano dal capire questa famosa idea della differenza sessuale sulla quale si fonda la nostra oppressione. Per noi, sembrerebbero esistere non uno o due sessi ma tanti sessi quanti sono gli individui. [...] Per noi la sessualità è un campo di battaglia inevitabile nel momento in cui vogliamo uscire dalla genitalità dell’economia sessuale che l’eterosessualità dominante ci impone. Dal momento in cui la sessualità per noi non ha altro fine che il suo esercizio, bisognerà procedere ad un esercizio di soggettività che includa la ricerca del piacere e che non subirà nessuna riduzione eterosessuale.

Monique Wittig (1980). The Straight Mind. New York: MLA.

3. Perché il femminismo pro-sex ??? Perché ti piace fare sesso; perché la tua libido è piuttosto traboccante, le tue fantasie inesauribili, i tuoi rapporti bi-omo-eterosessuali godurie pure; perché hai già pensato a fare marchette; perché ti piace costruire dildo con le amiche, in base alle preferenze di ognuna; perché cerchi attivamente storie e film erotico-porno fatti da e per donne che accompagnino le tue masturbazioni clitoridee quotidiane; perché sarebbe una figata fare foto e/o cortometraggi porno Do It Yourself con le amiche feministe… e anche perché cammin di vita facendo incontri un sacco di streghe spudorate, di amiche ragazze-squillo; perché libri come Tales from the clit, Scambi di genere, Deviant desires, Fiere di essere puttane, Sexe et utopie ecc ti sono capitati tra le mani… Perché più che ogni altra cosa vuoi mandare a fanculo l’ideologia sessualmente corretta, l’educastrazione (o meglio edumutilazione), gli stereotipi sul genere e i discorsi del tipo “una donna è… e dovrebbe essere…”. Allora provi a decostruire nel quotidiano la morale puritana e i rapporti di dominazione nei quali sguazziamo – insomma, a sfracellare la norma etero-patriarcale che ci impedisce di essere ciò che sogniamo di essere.

Pilou Pilou (fanzina)

4. In che senso siamo politico-sessuali e queer ? Perché la società e la cultura sono politico-sessuali. Perché nessuno meglio di noi sa che la separazione pubblico/privato non esiste quando si parla di sesso e di genere. Perché pensiamo che le categorie sociali, il sesso, il genere, la ‘razza’ siano determinanti e oppressivi. Perché per quanto riguarda il genere, e in particolare l’opposizione maschile/femminile, sappiamo che è stata costruita storicamente, socialmente e culturalmente in occidente a partire dal sesso biologico.

Q comme Queer (1998). Lille: GayKitschCamp (QuestionDeGenre/GKC).

5. […] la realtà ‘donna’ deve sparire, cosi come ‘schiavo’ dopo l’abolizione della schiavitù, cosi come ‘proletario’ dopo l’abolizione delle classi e del lavoro forzato.

[…]. La denominazione ‘donna’ sparirà indubbiamente, allo stesso modo in cui sparirà la denominazione ‘uomo’ con la fine dell’oppressione/sfruttamento delle donne come classe. L’umanità deve trovare un altro nome per se stessa e un’altra grammatica che la farà finita con i generi, l’indice linguistico di opposizione politica.

[…] Il genere come concetto, esattamente come sesso, come uomo, come donna, è uno strumento che serve a costituire il discorso del contratto sociale come eterosessuale. […] Bisogna quindi rendere visibile che è una nozione che non deriva dalla natura, che il sesso è stato artificialmente costruito (e considerato nozione naturale), che è una categoria politica.

Monique Wittig (1980). The Straight Mind. New York: MLA.

6. Sono un essere umano che vorrebbe che non gli si desse del Signora, né del Signore. Preferisco usare pronomi di genere neutrali per definirmi. Sono una persona che si trova davanti ad una difficoltà quasi insuperabile quando gli si chiede di sbarrare la M o la F in un documento amministrativo. Non mi disturba essere nat@ con un corpo di donna biologica. E non mi riconosco nemmeno in un sesso intermediario. Semplicemente non corrispondo alle concezioni dominanti occidentali su come ‘dovrebbe essere’ un uomo o una donna. E questo fatto ha enormemente determinato il corso della mia vita. […] Siamo un movimento di donne biologiche mascoline, di uomini biologici femminili, di cross-dressers, di uomini e donne transgenere, di intersessuali nati/e nel grande intervallo anatomico che esiste tra le attribuzioni di ‘maschio’ e ‘femmina’, di genderblenders, di persone con altre varianti di genere e sesso, e di altre definizioni che ci sono care. In breve, aumentiamo la quantità di modi conosciuti di essere esseri umani.

Le nostre vite sono la dimostrazione che il sesso e il genere sono cose molto più complesse di ciò che può intendere con un rapido sguardo un medico in una sala parto, più variegate di una tutina rosa o celeste. Siamo oppress* perché non coincidiamo con queste norme sociali così ristrette. E contrattacchiamo. […] Per me, caratterizzare l’espressione individuale del sé come esclusivamente maschile o femminile sarebbe come chiedere ad un poeta : lei scrive in inglese o in spagolo ? La domanda esclude la possibilità che la poesia sia scritta in cantonese, ladino, swahili o arabo. La domanda prende solo in considerazione il sistema linguistico insegnato al poeta. Ignora le parole che ogni scrittore tira fuori, passo dopo passo dalla fonte comune. La musica che fanno le parole quando si incontrano per la prima volta. Il silenzio che risuona nello spazio compreso tra due idee. Il vento potente della passione e della fiducia che spinge il poeta a scrivere. Ecco perché non sostengo l’idea che il genere sia semplicemente una costruzione sociale – una delle due lingue che impariamo meccanicamente dalla notte dei tempi. Per me, il genere è una poesia che ognun* di noi crea a partire dalla lingua che ci hanno insegnato. Quando passeggio attraverso l’antologia del mondo, vedo individui che esprimono il loro genere in maniere deliziosamente complesse e cangianti, alla faccia della legge del pentametro.

Leslie Feinberg (2003). Nous sommes touTEs en devenir (on line).

7. Come spiegare ciò che mi succede? Che cosa fare di questo mio desiderio di trasformazione? [...] Non ho altra scelta che quella di rileggermi i classici, di sottomettere le teorie al mio [desiderio]. Accettare che il cambiamento che si muove in me è il mutamento di un’epoca.

Beatriz Preciado (2008). Testo junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

8. [Resto in piedi,] la metà del mio viso si imprime sullo specchio, senza centro né espressione: i miei capelli corti e neri, le lenti che disegnano una sottile aureola intorno all’iris, la pelle irregolare, a tratti bianchissima a tratti screziata di brillantezze rosée. Mi è stato assegnato il genere ‘donna’ ma è impercettibile nell’immagine parziale che lo specchio mi rimanda. Comincio a rasarmi la testa, da davanti all’indietro, dal centro verso la sinistra, poi verso destra [...].

Beatriz Preciado (2008). Testo junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

9. Mi definisco NO gender [...] perché non mi sento di appartenere ad un genere fisso […] mi sento appartenere ad un genere fluido da sempre, senza dover andare verso…

Me ne frego che mi femminilizzino ma mi piace anche che mi mascolinizzino, specialmente in intimità, nelle mie relazioni, perché ne ho bisogno, perché amo essere degenere ma anche perché a volte mi sento un perfetto stronzo amoroso. Anche perché mi capita spesso che siano le mie stesse relazioni a farlo. Loro lo sentono e/o lo sanno perché ne parliamo, perché è questo che le attira, questo strano melange femminile-maschile che è presente in me, questo genere ambivalente.

Questo sentimento è nelle viscere, viene da lontano. [...] Non ho mai letto le teorie sul genere. Non sono una teoria. sono complessa et invischiata in molte sensazioni. E’ un bel casino.

Non sono un uomo ma non sono del tutto una donna. Sono io, un’entità senza una chiara definizione di genere. […] No gonne, né altri accessori femminili ma neppure il meccanico. Turbamento, merda, e ancora turbamento. Me ne vado in giro con una sorta di corpo stracolmo della sua libertà di pensiero [...]. Non so se tutto è chiaro. Per me lo è perché è cosi profondo. E anche per questo che la mia parola sarà sempre e solo la mia parola. […] Non penso mai ponendomi la nozione del genere. Penso come sono, dall’interno, un cervello piatto o in ebollizione ma mai di genere. […] Subordinata e insubordinata. Maschile e donna. O niente di tutto questo. Ce corps [...] je l’accepte et je le vis pleinement, surtout sexuellement. Avec la maturité, on s’aperçoit qu’il est plus facile et plus intéressant de décloisonner, de passer outre tous les a priori de cette société, casser les clichés, déconstruire ou construire simplement son propre genre, celui où on se sent le mieux. Je ne suis ni noirE, ni blanchE mais flouE… je suis moi » Dirty Week End, Journal d’une butch par ses mots.

Dirty Week End (2012). Journal d’une butch par ses mots http://dirty-week-end.blogspot.fr

10. La mia pelle, la mia carne, il mio sangue, il mio tempio.

Dove pregano le profane, le sfrattate dalla fede, le perverse

e le anormali.

[…] Sono attrice nel vostro dramma e l’ho trasformato in commedia,

volevate che fossi Cappuccetto e cambiai la parte al lupo,

che ne aveva anche lui piene le palle.

Attraverso le frontiere delle vostre proprie nevrosi,

e mi installo giusto lí dove voglio stare,

dove risplendo come un molesto insetto mutante

che non potete ammazzare.

Diana J. Torres (2011). Trasfrontera. In Pornoterrorismo. Txalaparta.

11. [Cambio] per tradire ciò che la società ha voluto fare di me, per scrivere, per scopare, per sentire una forma di piacere post-pornogrfico, per aggiungere una protesi molecolare alla mia identità transgenere low-tech fatta di dildo, di testi e di immagini in movimento [...].

Beatriz Preciado (2008). Testo junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

12. Sappiamo che il corpo si è messo a significare questo, ma possiamo dargli un altro significato. Il genere può essere pensato come gli effetti di alcune pratiche culturali [...]. Ma possiamo appropriarci di questo processo e fare ciò che vogliamo del nostro sesso e del maschile e del femminile.

Q comme Queer (1998). Lille: GayKitschCamp (QuestionDeGenre/GKC).

13. Chiamo potentia gaudendi o ‘forza orgasmica’ la potenza (reale o virtuale) di eccitazione (totale) di un corpo. Questa potenza è una capacità indeterminata, non ha genere, non è né maschile né femminile, né umana né animale, né animata né inanimata, non s’orienta principalmente né verso il femminile né verso il maschile, non stabilisce separazioni tra eterosessualità e omosessualità, tra oggetto e soggetto, non conosce nemmeno differenze tra essere eccitati, eccitare o eccitarsi-con. Non privilegia nessun organo: il pene non possiede più forza orgasmica della vagina, dell’occhio o delle dita dei piedi. La forza orgasmica è la somma della potenzialità di eccitazione inerente a ogni molecola viva. La forza orgasmica non cerca una sua risoluzione immediata, aspira a diffondersi nel tempo e nello spazio, verso tutto e verso tutti, in ogni luogo e ogni momento. E’ una forza di trasformazione del mondo in piacere-con. La potentia gaudendi riunisce tutte le forze somatiche e fisiche, sollecita tutte le risorse biochimiche e tutte le strutture dell’anima.

Beatriz Preciado (2008). Testo junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

14. Esisto tramite questo turbamento ma anche tramite questa forza, questa libertà [...] Mi arrogo il diritto di essere ciò che decido, quando lo decido. Niente è fisso, niente è perfetto.

Dirty Week End (2012). Journal d’une butch par ses mots http://dirty-week-end.blogspot.fr

15. Siamo ‘pirati del genere, gender hackers’

Beatriz Preciado (2008). Testo junkie. Sexe, drogue et biopolitique. Parigi: Grasset.

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Ladyfest, Rennes, 1 giugno 2012

weird festival, Roma, 5 ottobre 2012

Categories: Performance

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